lunedì 21 gennaio 2013

Il solco


A fianco della strada sta seduto Giorgio, a gambe incrociate, un occhio chiuso e l'altro aperto. Alternandoli, per spostare da una parte all'altra della riga (un solco tra 2 pezzi di asfalto) quel pollice destro, tenuto ritto davanti al naso. Indossa braghette corte marroni e una maglietta a righe orizzontali bianche e rosse. E un cappellino scolorito, di tela sottilissima, che recita "51° Giro d'Italia", senza il quale si sente nudo, inconsapevole ed accondiscendente rassegnazione agli insistenti moniti della bis-nonna: "Ti beccherai un'insolazione". Ora la bisnonna non c'è più ma il cappello, ormai, chi glielo toglie? La mamma di Giorgio deve lavarglielo di nascosto, quel cappello, perché se la mattina non lo trova, diventa scuro in volto e può non parlare per giorni, o quantomeno finché qualcuno non glielo riconsegna in tutta fretta. La mamma è contenta così, perché si ricorda ancora di quella volta che suo cugino andò via militare, quando lei aveva 7 anni, e non tornò più perché s'era preso un'insolazione, disse sua nonna. Anni dopo le spiegarono, senza troppa sorpresa, come erano andate veramente le cose, ma è sempre meglio lavare il cappello di notte che rischiare un'insolazione, non sia mai che riaccada.
È un bambino intelligente, Giorgio. Capisce sempre quello che i grandi cercano di spiegargli. Solo su una cosa, però, non accetta ordini: gli piace tenere i sandali slacciati, gli sembra una cosa da bimbi che si vogliono sentire grandi, legare le scarpe. E sa che ben presto i suoi coetanei ne avranno piene le tasche, di mettere scarpe coi lacci, quando lui sarà ancora alle cinghie dei sandali. Lo sa. Tanto imparerà quando sarà più grande, ad andare in giro con le scarpe ben allacciate. E a togliersi il cappello quando lo vuole il galateo.

Manca poco all'arrivo dei concorrenti, e non ha ancora deciso se usare l'occhio sinistro o l'occhio destro per fissare la linea d'arrivo: In caso di fotofinish  non dovrà esserci spazio per futili polemiche, perché tutti sanno che Giorgio fa il tifo per le macchine rosse: per questo vuole trovare un metodo insindacabile per capire chi arriva primo, la bassezza delle insinuazioni non deve rovinare la sacralità dell'arrivo. Ma tanto, si sa, le macchine rosse vincono sempre.

Intanto, dietro di lui, sfrecciano a migliaia lungo la statale, ma Giorgio le ignora, quella pista non vale. Chissà che corsa fanno quelli, ma non gli interessa, vanno troppo veloci e non si riesce a vedere le facce di chi sta in macchina. Come potrebbe immaginarsi il podio, se non sa che faccia abbia il conducente, quante persone siano a bordo? Come conoscere la loro storia senza nemmeno vedere se stanno sorridendo, se sono arrabbiati o se stanno fissando la strada con aria trasognata o rassegnata. Quelli che telefonano non gli piacciono, non sa ancora leggere il labiale, e poi è sicuro che il telefono sia una scusa che alcuni usano per parlare da soli, hanno vergogna a raccontarsi le cose. E poi perché andare in giro da soli, se si deve parlare con qualcuno?

Ma manca poco che arrivano i concorrenti. Non è che il primo che passa vince. Ogni macchina fa la propria gara, finché non ne passa una che vince in modo talmente bello, magari sorpassando l'altra appena prima di arrivare al traguardo, da soddisfare Giorgio. E, guardacaso, è quasi sempre una macchina rossa. Tranne quella volta che quasi stava per far vincere la signora Carmela, che abita al piano terra e impedisce sempre a Giorgio di giocare con gli altri bambini a pallone nel cortile. Perché il cortile non è mica il campo sportivo. E così gli altri bambini le facevano le pernacchie e correvano fuori schiamazzando, verso il campo sportivo, che era anche più divertente, dicono. Ci sono le porte. Ma Giorgio non poteva, perché era il più piccolo e ancora non lo lasciavano uscire in strada perché, si sa, ci sono le macchine che corrono. Era il più piccolo, a parte Michele, ma quello lì fa sempre di testa sua, se la mamma di Giorgio fosse la mamma di Michele, gli darebbe gli schiaffi per farlo rigare dritto. Ma Giorgio non voleva che la sua mamma fosse anche la mamma di Michele, perché lui, per come è fatto, se la sarebbe voluta tutta per sé. Ma per fortuna ora la signora Carmela è malata, e la macchina rossa ora la guida il figlio, che fa sempre stridere le gomme quando parte e Giorgio, non appena la sente, corre a guardarla sfrecciare, già lontana, con la faccia che passa quasi fino alle orecchie tra le sbarre della finestra della cucina. E quando lo sente tornare, corre nuovamente a vedere la macchina: spera che la macchina sia ancora intera, e non sia andata contro un palo, come invece dice sempre la mamma di Giorgio.

mercoledì 20 luglio 2011

20 luglio 2001 - 20 luglio 2011. Tutto ancora qui.


non ti hanno fatto vedere. non ti hanno raccontato.
hanno cercato di farti odiare chi manifestava anche per il mondo anche tuo.
ti hanno detto che spaccano le macchine
ti hanno detto che spaccano le vetrine
hanno cercato di farti pensare alla tua macchina, al tuo prestinaio.
alle lire, ai vetri e agli euro.
ti regalano rabbia in nome di questo senso d'ordine basato sul nulla
del loro potere.
perché devi controllare la tua rabbia. devi reprimere
chi non reprime non fa il tuo stesso sforzo.
e lo invidi. invidi la sua capacità di indignarsi,
invidi la sua capacità di sognare qualcosa di nuovo
dove le cose che ti trattengono qui non ci sono
invidi la sua libertà di sognare,
di manifestare sogni impensabili
per poter ricominciare a sognare da zero.
ma lo zero è adesso. e la rabbia.
ma la tua rabba da qualche parte deve pur uscire,
ti danno modo di farla uscire dandoti anche la scusa
di odiare.
così puoi fermo odiarlo dal tuo divano.
immobile per 10 anni. con i vetri ancora conficcati.
l'unica violenza accettabile è quella del più forte.
e mentre tutto continua Lui muore.

giovedì 1 aprile 2010

Renz O'Bossi

Questo simpatico ragazzotto ora è consigliere regionale. Sempre che il lavoro di presenziare sia alla sua portata. Gli auguriamo di presenziare muto, perché l'imbarazzo di sentirsi un pesce idiota in un vasino grande gli farebbe scontrare gli ultimi neuroni (che lui in privato ama chiamare spermatozoi emigrati clandestini) con dei sentimenti troppo umani per una bestia che, ridacchiando a crepapelle (me lo vedo, che davanti al PC si compiace e sotto sotto spera anche di farci dei soldi), inventa il gioco Rimbalza il Clandestino, dalla grafica accattivante. Sempre che l'idea di quel divertentissimo gioco non sia proprio una mossa per dare la visibilità ("nel bene o nel male, purché se ne parli") a questo giovane di belle speranze per, appunto, permettergli di ottenere una seggiola al consiglio regionale.
Ora questo individuo, oltre a portare a casa uno stipendio che non stiamo a quantificare perché è chiara a tutti l'idea di quanto sia meritato (e molti si incazzeranno, confrontadolo con la propria, sudata, busta paga), avrà il potere di partecipare alle decisioni della mia regione, il suo voto conterà per stabilire cosa sarà della Lombardia, conterà per decidere come spendere i soldi delle nostre tasse (che vengono dalla già citata busta paga).
Entrerà a contatto con delle realtà di cui non può avere la benché minima idea, e dovrà prendere decisioni a riguardo. E molto probabilmente (sarò un pessimista, ma io non mi aspetto una svolta individualista verso un progetto di presa di coscienza portata avanti dal giovane Renzo) si esprimerà in funzione dei dogmi leghisti e dell'arrampicata al potere, di cui la Lega mena pure un certo vanto.

E se sarà anche figlio di puttana (visto che anche il padre può essere considerato una puttana, non sarà difficile, ma il condizionale è l'utopia di cui ci nutriamo quotidianamente), sfrutterà questo suo contatto con queste realtà, potrà fottere soldi su appalti, controappalti e quant'altro.
E semplicemente, sentendosi un furbone, porterà avanti l'inoculazione di fascismo all'interno delle amministrazioni locali (per gli scettici o per chi non avesse ancora avuto l'onore di vederlo, linko il pluri-odiato Borghezio impartire lezioni di nazi-fasci-leghismo in Francia http://www.youtube.com/watch?v=lk8vpuajKGc).

Ma il dubbio sul come possa aver ottenuto tanti voti il meritevole Renzo risolleva parecchi interrogativi sull'identità dell'elettore leghista.

Uno che ha ripetuto tre volte la maturità (pur nel rispetto dei problemi che può aver avuto) e che quindi ha dato motivo di credere che sia, molto probabilmente, un po' tonto oppure poco propenso all'impegno personale, e che si trova candidato solo perché il padre ha il potere di mettere chi cazzo vuole dove cazzo gli pare ("Roma ladrona, la Lega non perdona") non può essere ritenuto adatto da alcun elettore, per tonto che sia. E non esistono certo tanti tonti da farlo diventare il leghista più votato nella provincia di Brescia.
Probabilmente l'elettore leghista vuole solo che lo rappresenti qualcuno che lo legittimi a ritenersi "sopra la media" (la stessa logica del quiz televisivo in cui viene individuata gente meno intelligente e viene umiliata pubblicamente per far sentire lo spettatore migliore di quello che si ritiene nella vita reale). Perché la stima della ragionevolezza è stata svenduta in cambio di un'arroganza in cui si identifica sempre più gente. E il fatto che tanta gente ammetta le proprie "pulsioni animalesche", rende meno umiliante il fatto di cedere ad esse, e in un certo qual modo legittima la propria passività di fronte a questi impulsi [il declino dell'una-volta-nobile concetto L'unione fa la forza]. In tanti si riesce ad osare di più ed andare contro quella che è la propria coscienza. Perché negare quell'umanità che genera una tendenza alla logicità e ad una sorta di ricerca della "Qualità d'azione" (e di parola/linguaggio), crea un vuoto incolmabile che viene colmato solo, appunto, dall'aumento di arroganza, dalla propensione ad una dialettica limitata alla ripicca e allo scherno che non va oltre il livello del tifo calcistico.
E nessun paragone è più azzeccato (paragone trito e ritrito, ormai) per definire quello che è diventata la politica per certe persone. Sarà l'idea di tifare per la squadra forte, sarà l'idea di tifare per la squadra che dà concretezza al tuo campanilismo, sarà l'idea (radicata assolutamente nel subconscio) che "io tifo quella squadra, la difendo a spada tratta perché se ho scelto di credere in questa cosa, di certo non mi sbagliavo" arrivando fino a negare l'evidenza delle radici scriteriate di un movimento come la Lega, perché l'uomo non può permettersi di ammettere i propri errori: la cultura del pallone italiana nega il diritto di poter cambiare squadra. Anche lo juventino che ha avuto la prova delle disonestà della propria società rimane fedele alle illusioni che si era fatto, anche se sa che erano solo frutto di giochi di potere. E tende a minimizzare sull'accaduto, nascondendosi dietro al "tanto sono tutti ladri" che è una frase emblema del declino delle ambizioni intellettuali del paese (e lo dico da juventino, dio bono!).
Quindi ormai il leghista convinto è anche contento di votare Renzo Bossi perché questo lo fa sentire più forte: il tifare ciecamente per la Lega ha condotto anche il tifare ciecamente per Bossi, fino a votare suo figlio, magari con una grassa risata con annesso colpetto di gomito fatta con gli amici al bar, per dimostrare la propria ribellione ad una coscienza che altro non identifica se non se stessi e la propria natura, agendo contro se stesso per il solo fatto di dimostrare a se stesso di poterlo fare.
Votare il figlio di Bossi aumenta il potere di Bossi, che si dimostra talmente forte da poter dare in pasto qualunque stronzata (come suo figlio consigliere regionale) all'Italia, e il suo branco di elettori lo appoggia, perché più è forte Bossi, più forte mi sento io, perché l'aumento del suo potere legittimerebbe ulteriormente il non-ascolto della propria coscienza quotidiana, per poter vivere più comodo senza dover fare lo sforzo di comportarsi correttamente (nei confronti del prossimo) e prendere scelte coerenti con quello che, in realtà, si ritiene un valore (correttezza nei confronti di se stessi).

E tutto questo senza entrare nel merito di quanto sia codardo appoggiare un partito che non si vergogna della propria indole razzista. Né di quanto sia dannoso per il sistema (sano) alimentare un odio che non fa che indebolire i deboli, tracciando una (ulteriore) linea di demarcazione di un divide et impera tra il povero e il più-povero.
E tra i poveri che odiano il più-povero, è pieno di ex-più-poveri che finalmente si trovano in condizione di poter soddisfare il proprio bisogno di odiare qualcuno, e questo qualcuno è terribilmente comodo che sia quello più sfortunato di lui.

C'è anche da approfondire l'aspetto (appena citato finora) della "ribellione" (argh!) di cui tenere conto: far credere al leghista di essere ribelle votando lega (e votando un palese incompetente), gli fa credere di partecipare ad una battaglia, e in battaglia è concesso di più (per non dire "tutto è concesso"), cosa che permette di giustificare (anche a se stessi) certe pulsioni e addirittura permette di risparmiare lo sforzo di contenerle o (meglio ancora) combatterle con acquisizione di consapevolezza. E la ribellione senza aver subito un'offesa non va considerata tale, è semplicemente una manifestazione di rabbia, che forse scaturisce da altre offese di cui l'uomo non è consapevole. Quindi, questa ribellione, non è altro che accidia e passività nei confronti di quelle pulsioni che una coscienza dovrebbe saper controllare quotidianamente.

Tutto questo calarsi nella mentalità del leghista forse è troppo pretenzioso e dispersivo, magari il leghista non ha tutti questi arzigogoli con la propria (sub)coscienza, ma mi è più facile sperare che ci siano più persone "ingannate" o semplicemente "deboli" che persone vendute o fascisti consapevoli.
Forse perché mi ostino a credere che siamo gente migliore di tutto ciò che succede qui da noi.

domenica 28 marzo 2010

Perché "L'urlo della notte"?

Questo motivo mi sembra più che sufficiente:



A presto.